Naomi Osaka, la storia di una ragazza mezza giapponese 

Mi è sempre piaciuto il tennis e mi è sempre piaciuto il Giappone; tuttavia non è sempre stato facile conciliare queste mie due passioni, almeno fino a questo settembre, quando è accaduto qualcosa di inaspettato. Durante la finale del torneo del Grande Slam svoltosi a Flushing Meadows negli Stati Uniti (uno dei 4 più prestigiosi tornei della stagione tennistica), la giocatrice favorita di casa, nonché pluricampionessa Slam, Serena Williams, è stata sconfitta dalla giovane sorpresa del torneo Naomi Osaka con lo schiacciante punteggio di 2-6, 4-6.

Confesso che non conoscevo bene la storia di Naomi prima di quel giorno, ma dopo la sua vittoria la mia curiosità ha avuto la meglio e sono rimasto sorpreso da quello che ho scoperto. Il padre è haitiano di nazionalità americana e la madre è giapponese di Hokkaido. Conosciutisi a Sapporo, la madre è stata costretta ad abbandonare la patria perché la sua famiglia non approvava l’amore tra lei e il fidanzato. Naomi è nata a Osaka, dove i due si erano trasferiti e dall’età di quattro anni è cresciuta in America, dove ha imparato a parlare in inglese e a giocare a tennis. Per questo motivo Naomi non era molto conosciuta in Giappone (nel 2016 ha mostrato per la prima volta le sue capacità al Grande Slam e in quell’occasione venne comparata dai giapponesi a una “stella cometa comparsa d’improvviso”). 

Nonostante avesse già dato prova di essere un’ottima giocatrice nell’aprile 2018 vincendo il torneo di Indian Wells in California, la notizia che una tennista giapponese dalla pelle scura avesse vinto il così prestigioso torneo dello US Open ha suscitato una sorpresa fuori dal comune in Giappone; ciononostante, parlando con i miei amici giapponesi ho avuto la sensazione che questa sorpresa derivasse soprattutto dal suo essere così poco aderente all’abituale immagine che i nipponici hanno di se stessi.

Fino a pochi anni fa, e purtroppo ancor oggi in alcune zone, una buona percentuale dei giapponesi vedeva con una certa diffidenza gli stranieri: fu proprio questo fatto che spinse la mamma di Naomi a lasciare il suo Paese più di 20 anni fa, e che fa ancor oggi sentire Naomi un po’ a disagio quando viaggia in Giappone. Qui è conosciuta anzitutto come ragazza mezza giapponese (hāfu) che non parla fluentemente il giapponese. In un’intervista del 2016 Naomi spiegava di percepire lo stupore e la curiosità dei suoi compatrioti quando scoprivano che “Osaka-san è una ragazza di colore che non parla giapponese”.

 

Naomi Osaka, Wimbledon 2017(©si.robi/Creative Commons)

Però le cose stanno cambiando: i giapponesi amano Naomi per quello che è riuscita a fare in questa stagione, e quando ha preso parte al torneo nazionale svoltosi a Tokyo a settembre, l’atmosfera in tutto il Paese era elettrica e i tifosi l’hanno acclamata a lungo, nonostante la sconfitta in finale per mano della tennista ceca Karolína Plíšková, con un punteggio di 4-6, 4-6.

Conoscere Naomi mi ha fatto riflettere ancora una volta sulla profonda trasformazione culturale che il Giappone sta attraversando, da Arcipelago isolato e isolazionista verso un Paese più aperto e consapevole. Da questo punto di vista penso che il grande traguardo delle olimpiadi di Tokyo 2020 e le azioni di persone come Naomi stiano facendo molto affinché un sempre maggiore numero di giovani giapponesi sia più consapevole e capace di misurarsi con gli stranieri e con le loro differenze culturali. Da italiano che ama e ha vissuto in Giappone sono molto contento che questa trasformazione stia avendo luogo e mi auguro che sempre meno ragazze giapponesi siano costrette a lasciare la propria famiglia come dovette fare la mamma di Naomi tanti anni fa. Il Giappone è un paese così bello e dalla cultura così meravigliosa, ma ha tanto da guadagnare dall’apertura verso il diverso, e persone come Naomi, malgrado tutte le difficoltà, sono la prova che questo cambiamento è possibile.

Fabio Greco

© RIPRODUZIONE RISERVATA Ciao!Journal

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