Il talento: uno sforzo continuo  

Makoto Isaji, CEO di Sagami Italia

Scritto da:

Geienneffe Editore s.a.s.

Makoto Isaji: nato nella prefettura di Gifu, si è laureato presso la Facoltà di Scienze Agrarie dell'Università Meiji. Si è trasferito in Italia nel 2015 per conto di Sagami Holdings. Ha aperto il ristorante di noodle Sagami di fronte alla Stazione Centrale di Milano nel 2018. Si è messo in proprio nel 2022 per poi acquisire, insieme a un partner commerciale, Sagami Italia. Attualmente gestisce sette ristoranti in franchising per Sagami Holdings.

– Isaji-san, quando è arrivato in Italia?
Isaji Sono venuto fin qui da Nagoya come rappresentante di Sagami Holdings Corporation in vista della partecipazione all’Expo di Milano nel 2015 dell’azienda. Dopo un successivo sopralluogo, ho poi aperto il locale di noodle di Sagami di fronte alla Stazione Centrale di Milano, diventandone il direttore.


– Ora lavora in proprio?
Isaji Sì. Ora non dipendo più direttamente dalla sede centrale giapponese di Sagami, ma ne sono il franchisee (proprietario di un negozio che usufruisce dei diritti concessi in franchising per condurre le attività commerciali, pagando delle royalty, n.d.r.). Gestisco tre negozi e sono il franchisor (titolare dei diritti concessi in franchising, n.d.r.) di altri quattro, per cui ho stipulato, appunto, dei contratti di franchising. È un po’ come se io fossi il figlio della sede centrale giapponese, un figlio da cui ha avuto quattro nipotini. Insomma, sono il rappresentante generale del franchising di Sagami in Italia.


– Perché proprio l’Italia tra tutti i Paesi europei?
Isaji Per via dell’Expo di Milano. La partecipazione di Sagami all’evento ci ha permesso di ottenere contatti in Italia e di aprire un locale qui a Milano per tastare un po’ il terreno nel 2016 e nel 2017. E così, piano piano, ci siamo ingranditi. Il motivo per cui siamo venuti qui è stato quindi l’Expo, senza non saremmo mai venuti in Italia!


– Il tema dell’Expo di Milano nel 2015 era il cibo. Sagami aveva uno stand nel Padiglione del Giappone, qual è stata la sua prima impressione?
Isaji Sono rimasto colpito dalla popolarità del cibo giapponese e del Giappone. Io stesso ne ho percepito il fascino e ne ho constatato la popolarità all’estero.


– Ricordo che in quell’occasione era stato introdotto il concetto di “umami“, il quinto gusto. Ma gli italiani avranno veramente capito cos’è? Avranno colto il sapore del kishimen di Sagami, o del mentsuyu?
Isaji Sicuramente, rispetto al Giappone, il concetto qui viene presentato in una forma diversa. Sta di fatto, però, che anche nella cultura culinaria italiana c’è l’umami. Non ci sarà un corrispettivo per descriverlo, ma gli italiani sapevano già cosa rappresentasse. Di una cosa sono sempre stato convinto: portando i prodotti giusti, non ci sarebbero state remore da parte degli italiani ad accettarli.


– Quindi la scelta non si è basata sul fatto di portare i noodle nel “Paese della pasta”, ma sul fatto che l’umami avrebbe funzionato qui in Italia!  
Isaji Agli italiani piace il cibo saporito. È per questo che ho pensato che il miso e altri prodotti originari di Nagoya avrebbero potuto funzionare… Tuttavia, guardando il tutto dal punto di vista della cucina giapponese più stereotipata, è raro trovare dei piatti a base di mentsuyu (la salsa per noodle). È stato proprio per questo che abbiamo avuto un inizio piuttosto problematico: quando abbiamo aperto il nostro ristorante di fronte alla Stazione Centrale di Milano, la prima cosa che ci hanno chiesto i clienti all’ingresso è stata: “Perché niente sushi?” e finivano per andarsene. Già il fatto che entrassero era positivo, però ci si trovava sempre davanti a questa sorta di muro prima che si sedessero. All’epoca lavoravo ancora direttamente per la sede centrale, e persino da lì mi veniva chiesto il motivo per cui non servissimo sushi, aggiungendo che, se lo avessimo fatto, avremmo guadagnato molti più clienti. In questo modo, però, non ci saremmo differenziati dagli altri ristoranti e non sarebbe sorto alcun interesse per il locale. Aggiungo poi che Sagami in Giappone non serve sushi (oggi solo alcune sedi lo servono, n.d.r.). Per quale ragione avremmo dovuto fare qualcosa di diverso? Se non funzionava con qualcosa di nostro, era inutile insistere. Eravamo un’impresa arrivata apposta dal Giappone, e sapevo che non ci saremmo dovuti lasciar influenzare da questa situazione.


Isaji
Ci sono momenti in cui mi sento giù, anche se, in realtà, i momenti in cui tutto va bene sono proprio quelli in cui non ho nulla da fare. È quando la situazione si fa difficile che la mia presenza diventa fondamentale. Quando il mare è calmo, ti basta stare a guardare, mentre appena si alzano le onde, sono io che devo decidere che direzione prendere e quale strada seguire: devo proseguire e andare avanti passo dopo passo per non lasciar affondare la barca. Se mostrassi la mia tristezza nei momenti difficili, finiremmo per colare tutti a picco, e io non voglio che i miei dipendenti si sentano insicuri. Motivare il personale è una cosa di fondamentale importanza: solo così il ristorante può crescere. Proprio come per i nostri clienti, non dobbiamo permettere che lo staff si stufi. Per esempio, quando abbiamo aperto a Milano davanti alla Stazione Centrale, molte cose le facevamo alla maniera giapponese, senza pausa pranzo. Abbiamo rivisto però il sistema e deciso di inserirla, e il risultato è che ora il personale riesce a concentrarsi meglio durante l’orario di lavoro. Se si tiene sempre aperto, non si sa mai quando poter tirare un attimo il fiato e si finisce per distrarsi e stancarsi troppo.


– Qual è il suo motto?
Isaji “Il talento è uno sforzo continuo”. Io non ne ho chissà quanti, tipo essere un buon cuoco o saper parlare in maniera amichevole con gli altri. Tuttavia, riesco a essere ogni giorno costante in quello che faccio. Sono poche le persone che riescono ad andare avanti così: pochissime sono in grado di continuare a svolgere delle attività, anche molto semplici, per 365 giorni all’anno. Ma quelli che ci riescono, so che raggiungeranno i propri obiettivi. Io la penso così.


– Da un punto di vista esterno, come vede il Giappone?
Isaji A livello mondiale, è un Paese particolare. Penso anche che sia un Paese molto felice. La gente è felice se resta in Giappone, per questo sempre meno persone vanno all’estero. Eppure, non ci si rende veramente conto della fortuna del Paese. Ho iniziato a pensarla così quando sono andato via.


– Invece, dal punto di vista di una persona che avvia la propria attività all’estero?
Isaji  Dovremmo vendere i nostri prodotti a un prezzo più in linea con il loro valore. Tutto è molto economico, anche se la qualità è alta e il servizio molto curato. È un vero peccato. Dovremmo capire che quello che facciamo è speciale, che prodotti di così alta qualità non se ne vedono altrove, e aumentare il valore dei prodotti giapponesi. Oggi il nostro Paese ha perso di vista il suo valore reale e lo sta praticamente svendendo. Se continua così, finiremo per perdere competitività rispetto agli altri Paesi.


– Quali sono le prospettive future di Sagami Italia?
Isaji Vogliamo espanderci tenendo conto delle nostre dimensioni: non vogliamo avere fretta e colare a picco dopo aver aperto in un istante cento ristoranti, bensì pensare a come continuare a crescere in maniera costante e il più a lungo possibile. Quest’anno vogliamo superarci rispetto all’anno scorso, in maniera regolare e stabile. Non basta avere un gran numero di locali per avere successo. Noi vogliamo allargarci, ristorante per ristorante, con amore.


Ristorante giapponese “SAGAMI” 

https://sagami.it


①Milano : Piazza Duca d’Aosta, 10
②Bellinzago Lombardo : presso CC La Corte Lombarda in via Padana Superiore, 154
③Modena : Viale Carlo Sigonio, 46
④Bologna : Via Pietro Pietramellara,4b
⑤Parma : Largo S. Mangano, 49/A
⑥Reggio Emilia : presso Hotel Europa in Viale Olimpia, 2 
⑦Verona : Via Dogana, 1


Servizio di Junko Kataoka
(Traduzione in italiano: Camilla Troisi)


(Articolo pubblicato su Ciao! Journal n.47 gennaio/febbraio 2024)

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